Ezio Zanetti
Una delle prime “fesserie” che ricordo di aver sentito da bambino è stata l’adagio che recita: “L’erba voglio non c’è, nemmeno nel giardino del re”. Ho detto “fesseria”, perché più avanti negli anni ho dovuto imparare a mie spese che l’erba voglio c’è, accidenti se c’è! Esiste, deve esistere. E’ il sogno, la fantasia, la caparbia volontà di credere che esiste una qualche possibilità di ribaltare tutta la costruzione borghese e falso moralista che questo ed altri infiniti adagi (le cosiddette…pillole di buon senso), unitamente a ferree regole comportamentali, ci hanno costruito addosso. E quindi non mi sono stupito di trovare in una raccolta di poesie, un titolo ed un componimento sul tema. Perché cosa, se non la poesia, con la sua forza dirompente e rivoluzionaria, può avere il potere di rimuovere, di scardinare, di liberare la mente ed il cuore dai serrami di ipocrisia e castrazione che volenti o nolenti gli uomini si portano appresso? E nel libro di Ezio vi sono molti urli, molte lune, molta rabbia, diverse domande senza risposta. E c’è anche speranza (gli uomini ritorneranno ad essere uomini), anche se la medesima è guardata spesso con ironia, quasi a non voler credere nella sua esistenza. E poi c’è l’amore, questo si appassionato, momenti di abbandono, silenzi. Queste composizioni, nella loro scarna costruzione (evviva l’essenzialità della parola!), hanno il potere di portarci in un mondo/teatro che davvero privilegia la sovversione demandata al verso poetico. Ho usato la parola teatro non a caso, perché leggendo le poesie mi sono trovato spesso a sentirle dal di fuori, mi sono trovato spettatore e nel contempo partecipe degli avvenimenti, delle immagini, delle sensazioni raccontate, convincendomi ancora una volta del grande privilegio che posso vivere per via del mio mestiere, quello di poter penetrare in pieno la forza della poesia e farla vivere al di fuori della pagina scritta. Ma non tutta la poesia. Quella di questa raccolta certamente si, perché disperata, appassionata, viva insomma.
Renzo Arato
Mondo di iene
e di lupi mannari
sfere magiche
e code di rospo.
Mondo di brodaglie
date in pasto
a cani e porci.
Mondo arso
e ricoperto di fango
tra schiere di croci
e plotoni di santi.
Mondo di serpi
e animali striscianti;
mondo di vittime
e di astuti camaleonti.
Quando
la terra umida
odora di muschio
e all’orizzonte,
tra le non più verdi colline,
la nebbia
eclissa il sole
ed il freddo
si fa sentire,
se potessi
aprirei le braccia al cielo
come un uccello migratore.
Vorrei viverti
su di un’isola deserta
per assaporarti
tra le onde del mare
il vento
il sale
e poi
le strida dei gabbiani
le nuvole
gli altopiani
dalle suggestive albe
agl’incantevoli tramonti.
Assaporarti
tra una luna
ed un sole
che siano
veramente veri
come noi
veramente siamo.